Le interviste di Upinale.com: Manuel Pietropoli

Tag: 2014; Fisi; Freestyle; Giacomo kratter; Halfpipe; Hard; Interviste; Manuel pietropoli; Olimpiadi invernali; Slopestyle; Snowboard; Sochi 2014; Soft; Upinale.com

Manuel Pietropoli, ahinoi ex-rider della Nazionale Italiana di halfpipe, ha voluto scambiare qualche parola al telefono con noi, a distanza di due anni dall'ultima intervista rilasciataci, dando un suo punto di vista personale e lucido sulla situazione nostrana di snowboard freestyle. Ecco il suo pensiero.

1. Manuel stai vedendo l'halfpipe (erano in corso le qualifiche)?

Si guarda Freddy, un'amarezza incredibile, anche perché pensare di poter essere lì anziché qui sul divano, mi fa solo arrabbiare.

2. Ma a te quanto mancava per qualificarti alle Olimpiadi?

Poco, perché, se è vero che ancora non avevo il punteggio, l'avrei certamente preso anche vedendo chi poi ce l'ha fatta. Mi riferisco a gente come Crispin Lipscomb (CAN) e Michal Ligocki (POL), i quali sono andati a Sochi pur girando malissimo. Del resto per accedere ai Giochi Olimpici basta qualificarsi nei primi 40, però, avendo ogni nazione 4 posti a disposizione, il range aumenta a circa 50 dato che di americani, in quelle posizioni, se ne trovano almeno 10.

3. Ma come mai hai "rinunciato" a qualificarti?

Perché quando mancavano 4/5 contest mi hanno "invitato", per interposta persona di Giacomo Kratter, a cambiare aria, in quanto sarei stato l'unico pipe-rider e, sia per questioni di numero che di costi, hanno preferito investire sullo slopestyle in cui c'erano 4 atleti. Il punto, però, è che io ero il solo ad avere esperienze internazionali di rilievo (vittoria a Bardonecchia nel 2008 e varie finali ai BEO ed US Open) sia ad aver gareggiato in 2 Olimpiadi, perciò forse avrebbe avuto più senso puntare quantomeno anche su di me. Naturalmente dopo 11 anni di halfpipe, mi sono sentito preso in giro, così ho deciso di smettere. Del resto da sempre in Nazionale sono stato preso in giro perché abbandonato un po' a me stesso, dato che già a Torino 2006 mi ero qualificato come "osservato della federazione". Comunque resta un assurdo, poiché in questo modo non si da valore ad un potenziale, come accaduto a Sochi pure a Silvia Bertagna che in freeski si è qualificata (ed è arrivata 8ava) con quel mio stesso status. Poi, cavolo, proprio un anno prima delle Olimpiadi si doveva fare questo?!

4. Parlando con i dirigenti FISI mi è stato riferito che l'idea sarebbe quella di acquisire più risorse tramite le discipline hard, le quali al momento sono più vincenti che il freestyle, per poi rinvestirle per tutto il ramo snowboard. Tu cosa ne pensi?

Che sia una grossissima falsità! Negli anni hanno sempre ripetuto questa cantilena, ma, anche quando i risultati sono stati ottenuti, i soldi sono diminuiti. Inoltre la misera quota che viene data va spartita tra slopestyle ed halfpipe (che ora non c'è più ndr), quindi se nell'hard una bella somma di 60/100 viene divisa tra bordercross e parallelo, si campa; mentre nel freestyle con 10/100 da dividere in due discipline non si fa niente. Poi è pazzesco che solo in Italia si punti alla hard quando il mondo va sul freestyle. Lo dico anche per ragioni economiche, poiché nei negozi (e lui ne ha uno ndr) si vendono tavole soft e nessuno compra le hard ed idem per i photoshooting sulle riviste! Nella hard gli atleti girano con fisioterapisti, allenatori e tutto l'occorrente, invece noi zero e, anzi, ci sono persone che non fanno il loro lavoro, sia nel seguire i ragazzi sia nell'organizzare, un po' per inesperienza, un po' per incompetenza ed un po' per scarsa professionalità: non si può avere il piede in due scarpe! I risultati sono sotto gli occhi di tutti e già le disavventure che, per cattiva gestione, ho dovuto passare ai WSC nel 2012 ne erano un pessimo presagio. Pertanto, di nuovo, c'era bisogno di stravolgere tutto un anno prima delle Olimpiadi?! A me dispiace dover dire ciò, in quanto in ballo ci sono amici, persone che conosco e che si impegnano, ma questo è quello che sento di dire ed ho vissuto sulla mia pelle.
@davidepigazza
5. Ma come si svolgono, normalmente, gli allenamenti?

A dicembre sempre un mese in Colorado, però senza pianificazione vera, perché, di nuovo, c'è poca professionalità. Allenatori che se ne andavano o venivano per una settimana o che, per il maltempo, ci facevano restare in hotel.  La stessa strana logica c'è stata d'estate in Nuova Zelanda dove siamo andati per una sola settimana e, con il fuso orario, abbiamo girato poco e male, quindi perfomance in contest da dimenticare. Quando si fanno trasferte simili almeno 2/3 settimane sono d'obbligo anche per abituarsi. Io, dopo Vancouver 2010, ho avuto la fortuna di allenarmi per due anni con la Nazionale Svizzera, ossia con persone competenti, organizzate e con rider più forti di me che certamente mi spingevano a dare tanto, anche se questo non è un fattore sempre comandabile.

6. Infatti ricordavo ti allenassi con gli svizzeri. Ma che differenze ed aspetti hai notato nei loro metodi rispetto a quelli adottati dalla nostra Nazionale?

Tutto un altro mondo. Tu considera che già ai primi di settembre avevo il programma della stagione che sarebbe iniziata, col beneficio ovviamente delle variabili causa neve. Infatti se ad esempio eravamo in Canada ma c'era brutto tempo, ci spostavamo in Colorado dove magari c'era il sole. Poi con noi c'era sempre allenatore e fisioterapista e, molto spesso, lo skiman. Aldilà di questo ti confesso che con Roby Moresi mi sono sempre trovato molto bene sotto ogni profilo, umano e professionale.

7. Allora secondo te cosa andrebbe fatto per cercare di migliorare le cose?

Il fatto di avere più soldi permetterebbe di far più allenamenti ed in modo qualitativamente valido, con allenatori professionali, così da ottenere traguardi importanti con una figura che ti dica cosa fare e come farlo. Ad esempio quando sono arrivato 9° agli US Open era un mese che giravo per i vari resort americani. Per la questione snowpark, che spesso si legge in internet, quelli italiani sono invidiati in tutta Europa, perciò il problema non sussiste.

8. Pensi che un circuito tipo U.S. Grand Prix possa servire in Italia con i dovuti adattamenti?

Mah, relativamente. Meglio forse, come ai tempi di Roby Moresi, creare un gruppetto di giovani che segua i grandi, perché avere, come adesso, due Nazionali che operano separatamente non giova a nessuno. Guarda il Giappone, Taku Hiraoka ed Ayumu Hirano hanno, rispettivamente, 18 e 15 anni e sono in finale con run incredibili (e dopo hanno vinto due medaglie a Sochi ndr), senza contare che negli ultimi anni in TTR, FIS e WST stanno dominando. Questo significa che in Giappone hanno studiato, a differenza di anni addietro quando avevano giusto Kazushiro Kokubo, un sistema che incentivasse i giovani e li facesse crescere a dovere per trionfare. Il nostro miglior giovane, Emi Zulian, ha comunque 17 anni, quindi non proprio giovanissimo se conti i competitors stranieri e che io a 15 ero alle Olimpiadi!

9. Pensi che la presenza della tavola hard nel corso maestri sia utile a fronte di trick richiesti di basso livello?

Sì. Ci sta che un maestro sappia governare un attrezzo da snowboard come la hard, però con una certa flessibilità, cioè se c'è bene, altrimenti amen, come avviene adesso in Veneto dove sto facendo il corso. Piuttosto meglio che ogni maestro sappia chiudere i 360° su un kicker di almeno 4 metri con tutti e 4 i grab. Per fortuna, da questo punto di vista, qualcosa di sta evolvendo sul piano del freestyle, perché c'è sempre più attenzione della FISI nella formazione sui trick, sebbene alcuni vertici spingano per mantenere l'hard alle selezioni maestri.


Per tutto ciò che ci ha detto Manuel va decisamente ringraziato e supportato in un'ottica di miglioramento corale del nostro sistema e per il momento speriamo che il futuro ci riservi qualcosa di più positivo per lo snowboard freestyle italiano.
Credits:
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